mercoledì 3 giugno 2009

Sfogo inutile e insensato (1996-2009)

non riesco a non pensare e questo mi butta giù, come ogni anno, come ogni giugno, come sempre.
sono una bambina del cavolo che si rifiuta di ascoltare, che punta i piedi, che urla e si dispera senza alcun motivo.
e più penso a me stessa più combino stupidi casini di merda.
oggi va così, oggi sfogo, oggi esplodo, oggi piango.
e pensando a me stessa non vedo quello che succede vicino a me. Non ascolto più né i consigli né i problemi delle persone che mi stanno vicino.
e allora che senso ha tutto questo? perché mi faccio male da sola? perché cerco di attirare l'attenzione di me stessa facendomi del male o facendo del male alle persone che stanno vicino.
ferisco e mi ferisco.
uccido e mi uccido.
mi manca il coraggio.
non riesco a perdonare me stessa e di conseguenza non riesco a farmi perdonare.
tocco il fondo in continuazione ma su quel fondo mi ci butto da sola.
tutto questo non ha senso.
tutto questo è ritornare bambina... quella bambina che in preda agli incubi notturni si addormentava sulla poltrona di pelle che si trovava in sala in collo al proprio padre.
Essere bambina mi conviene. La vana speranza di essere riconosciuta come quella che ero: colei che vessava la sua sorellina, colei che passava ore creando favole per il suo teatrino, colei che amava la Storia e le storie e che adesso si attacca morbosamente a quelle storie.
Il ritorno.
Il ritorno del passato.
Il passato ritorna.
Brucia in me qualcosa che cerco di sopprimere.
Corro invocando la salvezza. Ma vicino a me ci sono solo parate di sicurezza e il mio essere così fragile viene buttato tra le braci ardenti.
Oramai posso solo sperare in un cambiamento repentino di vento, di vela.
Ero tra la gente. Sono tra la gente.
e allora perché me ne dimentico?
Dove è l'inganno?
Prossimo approdo... altre cicatrici.

martedì 2 giugno 2009

Pierpaolo vicino a me

Ballata delle madri
Mi domando che madri avete avuto.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d'esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate, a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?
Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.
Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi mai una parola d'amore,
se non d'un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v'hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.
Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l'antico, vergognoso segreto
d'accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili, che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.
Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità e lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità di avvoltoi!
Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
- nel vostro odio - addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
E' così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.

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I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I
Il cursore(?) lampeggia nel monitor. Aspetta insaziabile le mie parole, i miei inutili pensieri morti.
Continua a lampeggiare.
I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I
E' inutile scrivere cosa sto provando perché non provo niente.
Sono vuota, superficiale, oca giuliva. Il mio cervello morì alla nascita a causa di un trauma, non ben specificato, che ho subito mentre dilaniavo con la testa la vagina di mia madre.
Non si può pretendere che un cervello morto scriva, pensi, ragioni, esprima foni non gutturali.
Almeno io ho la decenza di non nascondere il mio handicap.

Stupidità quando la riconosci denunciala!